domingo, 13 de julio de 2008

DUE TEORIE SULLA METAFORA/ Camilo Fernández




Innanzitutto vorrei ringraziare il professore Stefano Arduini dell’opportunità che mi ha dato di tenere una conferenza all’Università di Urbino. Sono professore di Retorica all’Università di San Marcos, la più antica in America Latina e penso che sia molto importante analizzare il ruolo della metafora nell’ambito del linguaggio perché questa figura letteraria ci permette di riflettere sul rapporto fra il linguaggio e la realtà. Per cominciare questa lezione, credo che sia fondamentale farci le seguenti domande: esiste il significato letterale? O pensiamo attraverso alcune metafore, come la Linguistica Cognitiva ha proposto?

Per rispondere a queste domande ritengo che sia necessario referirsi concisamente all’origine della Retorica e al pensiero di Aristotele perché così sarà possibile capire, da una prospettiva storica, il processo per cui questa disciplina si è costituita come discorso scientifico e potremo comprendere perché due teorie sulla metafora sono state proposte nel mondo moderno.

Come sappiamo, la Retorica è nata a Siracusa nel V secolo a.C. Ha un’ origine giudiziaria perché cercava di insegnare all’oratore come era possibile persuadere il pubblico usando un linguaggio provvisto di una dispositio (prefazione, narrazione dei fatti, digressione, argomentazione basata su alcune prove e perorazione finale), di un’elocutio (l’ornato del discorso provvisto di figure letterarie) e di un’inventio concepita come il processo di ricerca di alcuni concetti localizzati nella mente. Purtroppo la Retorica ha sviluppato di più l’elocutio (soprattutto la parte dedicata allo studio dei tropi come la metafora e la metonimia) e ha trascurato l’analisi rigorosa dell’inventio e della dispositio. Così si è arrivati alla Retorica ristretta, basata sul contributo di pensatori come César Chesneau Dumarsais e Pierre Fontanier, che ha toccato il punto massimo con l’opera degli strutturalisti di lingua francese. Possiamo fare riferimento in modo particolare alla Retorica del Gruppo di Liegi che mette in rilievo un’ottica strutturalista. Successivamente parleremo delle sue idee più importanti.

La prospettiva della Retorica ristretta è stata criticata minuziosamente dai rappresentanti della Retorica Generale Testuale (Antonio García Berrio, Tomás Albaladejo, Stefano Arduini, Giovanni Bottiroli, fra gli altri); quest’ultima è diventata soprattutto una scienza del discorso letterario sottolineando la necessità di studiare l’inventio, la dispositio e l’elocutio in quanto parti del discorso inteso come un insieme di elementi in rapporto fra loro.

Attualmente, possiamo pensare alla Retorica come a un sapere che potrebbe essere uno strumento molto utile per analizzare vari tipi di discorsi (ad esempio, testi pubblicitari, periodici, ecc.). Per spiegare alcuni concetti fondamentali, è necessario tornare a un’opera di Aristotele che ha un posto essenziale nello sviluppo della Retorica come scienza. Il testo intitolato Retorica è fondamentale per conoscere pienamente il processo per cui questa scienza è diventata un sapere principale nel mondo ellenico. Aristotele voleva che la Retorica avesse sempre una dimensione filosofica e quindi ha consacrato molte pagine alla forma mediante cui l’oratore cercava di trovare degli argomenti per persuadere il pubblico. Dunque possiamo dire che per Aristotele l’elocutio (ad esempio, l’ornato dello stile) doveva essere legata all’inventio (la parte concettuale del discorso) e alla dispositio (la struttura del discorso giudiziario).

La metafora è un argomento essenziale per Aristotele, che pensa che questa figura letteraria sia un paragone abbreviato, differente da quello sviluppato. L’esempio di Aristotele è molto chiaro: “Achille combatteva come un leone”. Si tratta di un paragone sviluppato perché mette in luce il rapporto fra “Achille” e il “leone”, rapporto che è costruito mediante l’uso del modificatore comparativo. Invece la metafora, in senso rigoroso, sarebbe la seguente: “Era un leone in battaglia”, dove osserviamo che c’è un’informazione implicita perché si tratta di una frase che si riferisce ad “Achille”. Il rapporto di analogia fra “Achille” e “leone” non è così chiaro come nel caso precedente. Ovviamente i due nomi confluiscono verso lo stesso campo semantico ma questo non è pienamente esplicito. Ogni ricevente deve completare il senso della frase. Perciò, parliamo della metafora come un paragone abbreviato. Dopo questa parte introduttiva, adesso vorrei esaminare le due teorie sulla metafora, argomento principale di questa lezione.

A)LA PRIMA TEORIA: LA METAFORA COME UNO SCARTO RIGUARDO A UNA REGOLA
Ogni codice esiste perché ha alcune regole. È impossibile parlare rigorosamente delle lingue in quanto codici senza il concetto di regola. Ad esempio, la lingua inglese ha una regola molto conosciuta per cui l’aggettivo va sempre prima del nome. In francese dobbiamo mettere il pronome personale esplicito, cioè, diciamo “Je chante” e non possiamo dire solamente “chante” cancellando il pronome “Je”.

Il concetto di sistema linguistico è per Ferdinand de Saussure senz’altro fondamentale. Si tratta di un insieme di regole che stabiliscono alcune proibizioni. È necessario aggiungere che secondo Saussure la linguistica della lingua è piu importante di quella della parola. Dunque l’analisi delle regole è indispensabile per intendere, in misura essenziale, il funzionamento del sistema linguistico.

Abbiamo già detto che la teoria dello scarto aveva avuto uno sviluppo importante con Dumarsais e Fontanier, ma davvero ha toccato il punto massimo con il Gruppo di Liegi, che ha mostrato tutte le possibilità di svolgimento della teoria dello scarto come strumento di analisi di un testo letterario. Inoltre, il Gruppo di Liegi ha sottolineato l’idea di sostituzione come modus operandi della figura retorica, vale a dire che ogni metafora implica il funzionamento di un processo sostitutivo per cui una struttura prende il posto di un’altra struttura (il significato figurato sostituisce il senso letterale).

Per spiegare questa teoria in modo preciso, esaminemo un verso di Pablo Neruda:
“Los pétalos del tiempo caen inmensamente” (“I petali del tempo cadono immensamente”). Come possiamo osservare, il significato figurato mette in crisi una regola semantica per cui sappiamo che “il tempo non ha petali”. Questo verso costituisce uno scarto rispetto a una regola, la quale stabilisce che il “tempo” si trova in un campo semantico differente dal concetto convenzionale (cioè abituale) di “petalo”. Neruda lavora, in una prospettiva poetica, stabilendo un rapporto analogico molto raffinato fra la natura e il tempo. Tuttavia il processo è un po’ più complesso.

Arduini afferma che “Il punto centrale del discorso del Gruppo μ è che lo scarto non può essere considerato una deviazione rispetto al ’linguaggio quale ci è dato’ (...) ma rispetto ad un grado zero inteso come l’insieme degli enunciati ridotti ai loro semi essenziali, essi inoltre hanno distinto fra un grado zero assoluto ed uno pratico. L’idea di grado zero del Gruppo di Liegi oscilla dunque fra una concezione sostanzialmente metalinguistica (il grado zero non esiste nella realtà ma è ottenuto per soppressione di semi essenziali), ed una concezione pragmatica, il grado zero pratico. Attraverso l’idea di grado zero appena vista, essi intendono lo scarto come ‘un’alterazione riconosciuta del grado zero’ (...) un‘alterazione che deve essere riconosciuta dal ricevente e su cui questi deve operare una riduzione”[1].

Per il Gruppo di Liegi, esistono due tipi di grado zero: quello assoluto e quello pratico. Il primo è ottenuto per soppressione di semi essenziali; il secondo è riconosciuto come una conseguenza dell’attività del ricevente, che decifra il senso di un poema o di un romanzo e quindi può riconoscere il significato letterale di un testo e la forma per cui il poeta ha potuto produrre uno scarto riguardo a una regola semantica, fonologica o sintattica.

Ma la teoria dello scarto sostenuta dal Gruppo di Liegi suscita molti problemi. Si tratta di una prospettiva strutturalista che trascura il ruolo del soggetto nella costruzione del senso di un testo. In realtà, a nostro avviso, il grado zero non esiste mai perché ogni lettore, collocato in un contesto culturale determinato, crea il senso di un poema usando la sua immaginazione. Inoltre possiamo proporre alcune riflessioni sulla teoria del grado zero:

1) Il punto di partenza di questa proposta del Gruppo di Liegi è il discorso scientifico preso come un insieme di enunciati monosemici; in verità, il testo scientifico non dovrebbe essere considerato come un discorso monosignificativo perché l’uomo di scienza usa spesso delle metafore per formulare le sue ipotesi;

2)È legittimo avere molti dubbi sull’esistenza del significato letterale; dal nostro punto di vista, il ricevente interpreta ogni enunciato e quindi capta il messaggio in un determinato contesto culturale; la cultura è composta dalle strutture figurale e dunque non potrebbe essere intesa da una prospettiva ingenua, la quale mette in rilievo un rapporto troppo diretto fra la parola e la cosa rappresentata;

3)Pensiamo che la figura retorica non sia un semplice gioco semantico, sintattico o fonologico, ma un procedimento concettuale che agisce in profondità e coinvolge il funzionamento della mente umana.

La teoria dello scarto non può spiegare la complessità della figura retorica perché è sostenuta dall’idea di significato letterale, contrapposto a quello figurato. Inoltre è una prospettiva che privilegia un’analisi unicamente formale della metafora ignorando gli aspetti evidenziati dall’ ermeneutica interdisciplinare. In altri termini, il Gruppo di Liegi basa la sua proposta su una visione formalista e non assimila gli apporti delle scienze umane come l’antropologia o la psicologia cognitiva.

Quindi dobbiamo cercare un’ottica diversa per chiarire il funzionamento della metafora. La figura retorica è un procedimento mediante cui l’essere umano organizza il suo pensiero? Possiamo vivere senza le metafore? Ecco due domande di importanza fondamentale per continuare la nostra riflessione sulla natura della metafora come procedimento cognitivo.

B)LA SECONDA TEORIA: LA METAFORA COME PROCEDIMENTO CONCETTUALE DEL PENSIERO UMANO

Secondo la Linguistica Cognitiva, il pensiero dell’essere umano è, in misura essenziale, metaforico. In effetti, pensiamo ed agiamo attraverso alcune metafore fondamentali. Ad esempio, un sacerdote vive in base alla metafora: “Vivere è amare Dio”; invece, uno scrittore privilegia un altro concetto metaforico: “Vivere è scrivere”.

George Lakoff e Mark Johnson affermano che l’uomo è un essere metaforico perché di solito si esprime attraverso alcune metafore. L’esempio che propongono è molto chiaro: “La discussione è una guerra”. Immaginiamo che il nostro interlocutore sia un antagonista con il quale discutiamo cercando di distruggere i suoi argomenti. La discussione viene intesa come una lotta fra due guerrieri. Vincerà la battaglia chi sa imporre la sua supremazia.

Giorgio Raimondo Cardona (in I sei lati del mondo, il suo libro più importante) mette in rilievo un altro esempio molto significativo: pensare metaforicamente significa concepire la nostra casa come un corpo, vale a dire che il soffitto è una testa; l’entrata alla casa è una bocca, ecc. A essere precisi, la metafora, in questo caso, non è uno scarto dalla norma, ma una maniera di organizzare il pensiero attraverso il meccanismo dell’analogia. Non possiamo vivere senza l’analogia perché solamente attraverso questa disegniamo un modo di ordinare tutte le cose del mondo.

Stefano Arduini ha proposto una categoria fondamentale per spiegare rigorosamente il pensiero metaforico dell’essere umano: il campo figurativo, inteso come uno spazio concettuale che permette di organizzare tutte le nostre azioni nel mondo quotidiano. Le fonti teoriche delle sue idee sono il pensiero di Giambattista Vico e la prospettiva di Humboldt rispetto alla natura del linguaggio. In effetti, il filosofo italiano distingue tre lingue: quella degli dèi, quella degli eroi e quella degli umani. La terza è una lingua pienamente comunicativa. Inoltre Vico afferma che il parlare figurato non è un semplice ornamento, ma la maniera spontanea con cui l’essere umano si esprime tutti i giorni. Cioè, noi parliamo usando metafore perché questa è la forma abituale di trasmettere in maniera intenzionale i nostri sentimenti e pensieri al ricevente.

Quanto a Humboldt, egli afferma che il linguaggio ha un lato universale e un altro più particolare. La facoltà comunicativa degli uomini ha una dimensione universale, ma le lingue sono le tecniche particolari con cui i parlanti, collocati in contesti culturali specifici, comunicano con i riceventi che decifrano il messaggio codificato in qualche sistema linguistico. Agli occhi di Humboldt, è molto importante far coesistere la capacità comunicativa universale degli esseri umani con la particolarità storica e culturale di ogni lingua, vale a dire che i due aspetti sono senz’altro complementari perché, ad esempio, non è possibile parlare dello spagnolo in particolare senza riferirsi all’abilità dei parlanti che usano à quella lingua nella vita quotidiana.

Secondo Arduini, ci sono sei campi figurativi: la metafora, la metonimia, la sineddoche, l’antitesi, l’ellissi e la ripetizione. Le figure retoriche si collocano in ogni campo figurativo: il simbolo in quello della metafora; l’ironia in quello dell’antitesi, ecc. Questo porta a considerare tutte le figure retoriche come figure del pensiero perché costruiscono un modo di rappresentazione del mondo in un certo contesto culturale.

Questa prospettiva teorica fa pensare che per la Retorica Generale Testuale sia molto importante un’ottica interdisciplinare che permette di spiegare il significato metaforico di un poema in un’ottica che supera ovviamente la semplice interpretazione di tipo formalista. Perciò Arduini parla della figura retorica in quanto universale antropologico dell’espressione perché “le metafore costruiscono la nostra struttura concettuale e sono il mezzo attraverso il quale riusciamo a darci una immagine del mondo apprendendo e ordinando l’insieme delle informazioni”[2].

Per illustrare l’applicazione dei concetti fondamentali della Retorica Generale Testuale, penso che sia importante analizzare un testo di Pablo Neruda:

Poema 1

Corpo di donna, bianche colline, cosce bianche,/ tu rassomigli al mondo nel tuo atteggiamento d'abbandono./ Il mio corpo di contadino selvaggio ti scavae/ fa saltare il figlio dal fondo della terra.// Sono stato solo come una galleria. Da me fuggivano gli uccellie/ in me la notte entrava con la sua invasione possente./ Per sopravvivermi ti ho forgiata come un'arma,/ come una freccia al mio arco, come una pietra nella mia fionda.// Ma cade l'ora della vendetta, e ti amo./ Corpo di pelle, di muschio, di latte avido e fermo./ Ah le coppe del petto! Ah gli occhi dell'assenza!/ Ah la rosa del pube! Ah la tua voce lenta e triste! // Corpo di donna mia, persisterò nella tua grazia./ La mia sete, la mia ansia senza limite, la mia strada indecisa!/ Oscuri fiumi dove la sete eterna continua,/ e la fatica continua, e il dolore infinito.


Nel primo verso osserviamo il campo figurativo della metafora: le cosce bianche sembrano le bianche colline. Il funzionamento di due isotopie (il corpo e la natura) rende possibile l’omologia prima menzionata perché segnala che la donna è la natura e quindi le colline costituiscono una delle parti essenziali del corpo femminile. Il percorso per la sostanza corporale è un andare per i differenti confini del mondo naturale e coinvolge un processo di conoscenza e una sete di progresso perché sottolinea che addentrarsi nel corpo femminile significa far uscire dalla natura alcuni elementi che possono aprire la possibilità dello sviluppo della civilizzazione umana.

Il poeta afferma: “Il mio corpo di contadino selvaggio ti scava/ e fa saltare il figlio dal fondo della terra”. Ci sono alcuni versi di grande complessità metaforica perché il lavoro con la terra ha un rapporto molto forte con il percorso erotico per il corpo della donna. E il frutto? Il figlio che nasce dal ventre della donna-terra è un prodotto dal lavoro dell’uomo. Il fare erotico dell’essere umano ha una dimensione trasformatrice: il sentimento si converte in un figlio. Così il lavoro quotidiano del contandino fa sì che il seme si trasformi in frutto.

Nella seconda strofa, osserviamo un insieme di paragoni per rappresentare il passaggio dalla solitudine alla comunione. L’uomo che è solitario si trova abbandonato nel mondo e ha poche possibilità di stabilire una comunicazione fruttuosa con gli altri. Ma la donna permette di superare questa situazione: lei è figuratamente una freccia e una pietra; il contadino, invece, è un arco e una fionda. Secondo Neruda, la complementarità e la sintesi degli elementi contrapposti costituiscono la base dello sviluppo delle civilizzazione. Si tratta di un’apologia del dialogo come fondamento del progresso, quindi per sopravvivere bisogna lottare e forgiare una cultura. L’azione di fondare una cultura ha una connotazione erotica per Neruda.

Come si vede, un’analisi retorica dovrebbe favorire una convergenza tra l’inventio (il mondo delle idee), la dispositio (la struttura) e l’elocutio (l’insieme delle figure retoriche) di un testo, perciò è molto importante arrivare all’universo ideologico di un poema attraverso l’ermeneutica degli aspetti formali implicati nel discorso letterario.

[1]Stefano Arduini. Retorica e traduzione, Istituto di Linguistica, Urbino, 1996, p. 92.
[2] Stefano Arduini, Op. Cit., p. 96.